La storia - Ufficio Scuola Diocesi di Anagni-Alatri

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La storia

La storia dell'insegnamento scolastico della religione in Italia inizia con un atto legislativo anteriore all'unità nazionale: è la legge n. 3725 del 13 novembre 1859 del ministro della Pubblica Istruzione Gabrio Casati, la quale regolava l'istruzione pubblica nello Stato sabaudo. Tale legge introduceva tra le varie discipline anche la religione cattolica. Nella scuola elementare essa figurava come prima materia obbligatoria, impartita dal maestro e controllata dal parroco; nelle scuole secondarie di indirizzo classico e tecnico era impartita da un «direttore spirituale» e nelle scuole normali, quelle cioè che preparavano i maestri all'insegnamento nella scuola elementare, da un titolare di cattedra e costituiva materia d'esame finale. Vi era però la possibilità dell'esonero su richiesta dei genitori.Man mano che si realizza l'unità della penisola, la legge Casati, con qualche modifica, viene estesa a tutte le Province del Regno d'Italia. Tuttavia negli anni successivi, per un forte spirito anticlericale e laicista e per i difficili rapporti tra Stato e Chiesa, la politica governativa ostacola, emargina e tenta di estromettere l'insegnamento religioso dalla scuola pubblica. I provvedimenti ministeriali e legislativi restrittivi incominciano pochi giorni dopo la presa di Roma (20 settembre 1870). Il ministro della Pubblica Istruzione Cesare Correnti stabilisce, in una circolare del 29 settembre 1870, che l'istruzione religiosa scolastica venga impartita solo agli alunni i cui genitori ne abbiano fatto esplicita richiesta. Risale al gennaio 1873 la soppressione delle facoltà di teologia nelle Università statali. Nel 1877 (ma la disposizione legislativa diviene esecutiva dal 01 gennaio 1878) viene abolita la figura del «direttore spirituale» nei licei-ginnasi e nelle scuole tecniche. Sempre in quell'anno il ministro Michele Coppino decreta (legge n. 3961) che l'insegnamento religioso è unicamentefacoltativo a richiesta delle famiglie e nel quadro delle discipline scolastiche non vi è più traccia della religione, che viene sostituita dalle «prime nozioni dei doveri dell'uomo e del cittadino». Anche dalle scuole normali (per la formazione dei maestri elementari) l'istruzione religiosa viene eliminata (1880). In questa situazione intricata e incerta, che si protrarrà per oltre un quarantennio, i cattolici si battono nelle amministrazioni comunali e nei Consigli scolastici provinciali, cui competevano rispettivamente l'onere dell'istruzione elementare e la funzione ispettiva, per la presenza o la piena reintegrazione dell'insegnamento religioso.
Il clima muta con l'avvento del fascismo, interessato ad un accordo con la Chiesa e con il diffondersi del pensiero idealista, che vedeva nella religione una fase necessaria e preparatoria allo studio della filosofia, un «inizio di sapienza» capace di dare unità e organicità al sapere. All'esponente più significativo dell'idealismo, Giovanni Gentile, Benito Mussolini affida il ministero della Pubblica Istruzione. Questi mette mano alla riforma globale del sistema scolastico italiano e reintroduce l'insegnamento della Religione nella scuola elementare con frequenza obbligatoria. «A fondamento e coronamento dell'istruzione elementare in ogni suo grado è posto l'insegnamento della dottrina cristiana, secondo la forma ricevuta dalla tradizione cattolica» (Circolare Ministeriale n. 77 del 1924). La religione cattolica era, allora, «la sola religione dello Stato» (come si dichiarava già nello Statuto Albertino del 1848), ma il ministro Gentile, prima del Concordato tra Stato e Chiesa, colloca nella scuola laica l'insegnamento religioso in virtù del suo intrinseco valore culturale e civile. Tuttavia quel «fondamento e coronamento» non significava che l'Insegnamento della Religione fosse l'apice del processo educativo, ma una tappa intermedia, per cui lo si escludeva quando l'alunno passava ai gradi scolastici superiori. I ministri della Pubblica Istruzione che succedono al Gentile orientano, con alcuni ritocchi, la scuola secondo una logica favorevole allo stato fascista, il quale vuole formare la gioventù e inculcare la propria ideologia sottraendola alle associazioni cattoliche (Scout, Azione Cattolica). Intanto, mediante provvedimenti particolari, l'Insegnamento della Religione diviene facoltativo anche nelle scuole secondarie. Questo quadro favorevole apre alla conciliazione tra Stato e Chiesa, che si concretizza nei «Patti Lateranensi», firmati da Mussolini e dal card. Pietro Gasparri, l'11 febbraio 1929. Nel «Trattato Politico», che dà soluzione alla «questione romana», si afferma che la religione cattolica, apostolica e romana è la sola religione dello Stato.Nel testo del «Concordato per i rapporti fra Chiesa e Stato» la chiave di volta dell'orientamento circa l'Insegnamento della Religione è l'art. 36, dove si legge: Tale insegnamento sarà dato a mezzo di maestri e di professori, sacerdoti o religiosi, approvati dalla autorità ecclesiastica e successivamente a mezzo di maestri e professori laici, che siano a questo fine muniti di certificati di idoeità, da rilasciarsi dall'Ordinario diocesano. La revoca del certificato da parte dell'Ordinario priva senz'altro l'insegnante della capacità di insegnare.
Legge n. 810 del 27 maggio 1929, Art. 36: «L'Italia considera fondamento e coronamento dell'istruzione pubblica l'insegnamento della dottrina cristiana secondo la forma ricevuta dalla tradizione cattolica. E persiò consente che l'insegnamento religioso ora impartito nelle scuole pubbliche elementari abbia un ulteriore sviluppo nelle scuole medie, secondo i programmi da stabilirsi d'accordo tra la Santa sede e lo Stato. Tale insegnamento sarà dato a mezzo di maestri e di professori, sacerdoti o religiosi, approvati dalla autorità ecclesiastica e successivamente a mezzo di maestri e professori laici, che siano a questo fine muniti di certificati di idoeità, da rilasciarsi dall'Ordinario diocesano. La revoca del certificato da parte dell'Ordinario priva senz'altro l'insegnante della capacità di insegnare. Del detto insegnamento religioso nelle suole pubbliche non saranno adottati che i libri di testo approvati dall'autorità ecclesiastica».
L'Insegnamento della Religione ora è presente in nome di un accordo pattizio più che per ragioni culturali o scolastiche. E presente nella scuola per tutti, con obbligo di frequenza e possibilità di esonero e non prevede voti ed esami, ma una nota da annettere alla pagella. L'Insegnamento della Religione viene «ghettizzato»: affidato alla Chiesa, che può svolgere così la catechesi scolastica, come rivelano i programmi pubblicati nel 1930. Per venire incontro a questa nuova situazione e coordinare l'attività inerente all'Insegnamento della Religione scolastico nelle scuole dello Stato, Pio XI, tramite una circolare della Sacra Congregazione del Concilio del 12 dicembre 1929, invita le diocesi italiane a istituire l'Ufficio catechistico.
Dopo la seconda guerra mondiale, il popolo italiano, tramite l'istituto referendario, vota in favore della repubblica. L'Assemblea Costituente dà forma e figura al nuovo Stato e, orientandosi ad inserire i «Patti Lateranensi» del 1929 nell'art. 7 della Costituzione repubblicana del 1 gennaio 1948, ratifica anche la permanenza dell'insegnamento della religione cattolica nella scuola statale. Questa soluzione viene accolta con soddisfazione, anche se i cattolici, in precedenza, volevano inserire l'Insegnamento della Religione esplicitamente in uno dei primi articoli della Costituzione, per salvarlo dalla garanzia indiretta del Concordato, soggetto a ricontrattazione. La Carta Costituzionale però sancisce la non confessionalità dello Stato italiano (Art. 7: «Lo Stato e la Chiesa cattolica sono ciascuno nel proprio ordine, indipendenti e sovrani. I loro rapporti sono regolati dai Patti Lateranensi»). Segue un ventennio di relativa tranquillità. Frattanto, le profonde trasformazioni sociali e le esigenze poste dal Concilio Vaticano Il domandano, intorno agli anni '70, un ripensamento della questione dell'Insegnamento della Religione nella scuola. Unaprima decisiva apertura si coglie nel documento base «Il rinnovamento della catechesi» della Conferenza Episcopale Italiana, al n. 154, dove si afferma che «Nella scuola, la catechesi deve caratterizzarsi in riferimento alle mete e ai metodi propri di una struttura scolastica moderna. La formazione integrale dell'uomo e del cittadino, mediante l'accesso alla cultura, è la preoccupazione fondamentale. L'educazione della coscienza religiosa si inserisce in questo contesto, come dovere e diritto della persona umana».Quegli anni si caratterizzano per ricerche, riflessioni e dibattiti (talvolta accesi), che portano ad alcuni punti di convergenza:· la necessità di un cambiamento dell'Insegnamento della Religione nella scuola di una società pluralistica e democratica;· la distinzione tra Insegnamento della Religione scolastico e catechesi della comunità ecclesiale;· la legittimazione dell'Insegnamento della Religione non primariamente teologico-pastorale (attuazione della missione apostolica della Chiesa), né tanto meno ideologica (la religione cattolica è religione dello Stato), ma pedagogico-didattica (è un'esigenza intrinseca della scuola);· la professionalità del docente di religione.Vengono quindi avanzate tre proposte:1. l'abolizione della religione come disciplina nella scuola, per motivi strettamente di fede o per antichi, mai sopiti, motivi anticlericali;2. la presenza della religione non confessionale e fuori della soluzione concordataria, un approccio educativo e culturale al fatto religioso gestito dallo Stato (il prof. Luciano Pazzaglia ipotizzava la realizzazione di un Òdoppio binarioÓ: un Insegnamento della Religione culturale per tutti, e confessionale per chi lo desiderava);3. l'insegnamento della religione (e non sulla religione) confessionale nella scuola laica dello Stato, con garanzia di libertà a tutti. È la linea che si affermerà.
La Costituzione italiana prevede, nell'art. 7, la possibilità di giungere a modifiche consensuali degli accordi. Così dal novembre 1968, con la commissione ministeriale presieduta dall'on. Guido Gonella inizia un lungo iter che porta, attraverso l'elaborazione di ben nove testi, alla firma inaspettata del «Nuovo Concordato» (l'Accordo di revisione del Concordato Lateranense con l'annesso Protocollo addizionale), il 18 febbraio 1984, tra il presidente del Consiglio Bettino Craxi e il segretario di Stato, card. Agostino Casaroli. Centrale per l'Insegnamento della Religione Cattolica è l'art. 9.2, che recita:
Legge n. 121 del 25 marzo 1985, Art. 9.2: «La Repubblica italiana, riconoscendo il valore della cultura religiosa e tenendo conto che i princìpi del cattolicesimo fanno parte del patrimonio storico del popolo italiano, continuerà ad assicurare, nel quadro delle finalità della scuola, l'insegnamento della religione cattolica nelle scuole pubbliche non universitarie di ogni ordine e grado. Nel rispetto della libertà di coscienza e della responsabilità educativa dei genitori è garantito a ciascuno il diritto di scegliere se avvalersi o non avvalersi di detto insegnamento. All'atto dell'iscrizione gli studenti o i loro genitori eserciteranno tale diritto, su richiesta dell'autorità scolastica, senza che la loro scelta possa dar luogo ad alcuna forma di discriminazione».
Sono almeno quattro le novità di questo testo, che segna una svolta sostanziale e dà un volto ben preciso alla religione nella scuola, il cui oggetto è «Insegnamento della Religione Cattolica».1. La prima novità riguarda le motivazioni invocate per giustificare la presenza dell'Insegnamento della Religione Cattolica nella scuola: pedagogica e storico-sociale.2. La seconda consiste nell'estensione dell'Insegnamento della Religione Cattolica a tutti i gradi di scuola non universitari (compresa quindi la materna).3. La terza si riferisce alla gestione bilaterale di tale insegnamento. Lo Stato non lo delega alla Chiesa, ma si fa carico dell'Insegnamento della Religione Cattolica come di ogni altra disciplina e lo condivide responsabilmente, per la sua peculiarità, con essa.4. La quarta indica il profilo dell'Insegnamento della Religione Cattolica, che si qualifica per le seguenti caratteristiche:o - è un insegnamento che accetta le finalità della scuola;o - è un insegnamento materialmente confessionale, svolto secondo la dottrina della Chiesa e questo garantisce l'autenticità, l'oggettività, la serietà della proposta;o - è un insegnamento offerto a tutti ma non imposto a nessuno, quindi facoltativo e rispettoso della libertà di coscienza degli alunni e delle famiglie.È la formula italiana dell'insegnamento scolastico della religione, che la distingue da altre tradizioni e contesti.Il Protocollo addizionale prevedeva l'Intesa fra Ministero della Pubblica Istruzione e la Conferenza Episcopale Italiana, siglata il 14 dicembre 1985 e modificata il 13 giugno 1990; essa sviluppa quattro aspetti:1. i programmi di Insegnamento della Religione Cattolica;2. le modalità di organizzazione dell'Insegnamento della Religione Cattolica;3. i criteri nella scelta dei libri di testo;4. i profili di qualificazione professionale degli insegnanti di religione.
Tra il mese di giugno del 1986 e quello di luglio del 1987 vengono pubblicati i programmi ministeriali di Insegnamento della Religione Cattolica per tutti e quattro i livelli di scuola (materna, elementare, media, secondaria superiore). Negli anni successivi il dibattito sull'Insegnamento della Religione Cattolica non si arresta; nella sua gestione sorgono spesso nuovi problemi che vengono affrontati con circolari ministeriali applicative, risoluzioni parlamentari e talvolta sentenze della Corte Costituzionale. Vi sono però dei punti ormai acquisiti.1. È riconosciuto che l'Insegnamento della Religione Cattolica resta materia curricolare per quanti se ne avvalgono.2. È pacifico che l'Insegnamento della Religione Cattolica è disciplina scolastica e i docenti di religione sono operatori nella scuola e della scuola a pieno titolo.3. È acquisito che la scelta dell'Insegnamento della Religione Cattolica non deve dar luogo ad alcuna forma di discriminazione: nella formazione delle classi, nella durata dell'orario scolastico giornaliero, nella collocazione dell'Insegnamento della Religione Cattolica nel quadro dell'orario delle lezioni.4. È consuetudine che la scuola offra ai non avvalentesi dell'Insegnamento della Religione Cattolica quattro «alternative».
Anche se rimangono alcune questioni aperte (la realizzazione effettiva delle attività alternative, la difficoltà di definire un organico stabile di docenti nella scuola primaria, lo stato giuridico degli insegnanti di religione), l'Insegnante di Religione riesce ad operare nella scuola in modo complessivamente sereno e costruttivo, svolgendo un servizio culturale ed educativo a favore delle nuove generazioni





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